Tante autorevoli persone hanno scritto e parlato di consapevolezza e mi sembra che tutti concordino: è una grande qualità decisiva per la nostra evoluzione e tanto più efficace quanto più la si pratichi.
Mi è piaciuto come la descrivono le seguenti parole: «La consapevolezza è una condizione in cui la cognizione di qualcosa si fa interiore, profonda, perfettamente armonizzata col resto della persona, in un uno coerente.[…] È la costruzione originale del proprio modo di rapportarsi col mondo […], davvero capace di elevare una persona al di sopra dell’ignoranza […]. È il caso della consapevolezza del rischio, che non frena ma rende accorti; della consapevolezza delle proprie capacità, che orienta ed entusiasma; della consapevolezza del dolore, che rende compassionevoli e gentili; della consapevolezza di essere amati, che rende invulnerabili.»(*)
Non mi risulta si possa “decidere” di avere consapevolezza.
Ho esperienza del fatto che essa si manifesti pienamente nel momento in cui favoriamo condizioni interiori di stabilità e di silenzio. E’ questo lo stato in cui possiamo apprezzare la comprensione profonda di sensazioni ed emozioni fino a quel momento vaghe e indefinite, o l’emergere di intuizioni su decisioni da prendere e sulla soluzione di problemi. La consapevolezza, in questi casi, possiamo considerarla curativa e trasformante; non faremo fatica a credere possa essere così dopo averne provato la forza.
Con la meditazione possiamo apprezzare questa stabilità e questo silenzio che abbiamo già dentro di noi, quando dirigiamo la nostra attenzione su un oggetto come, ad es., il respiro e rimaniamo attenti, osservatori di cosa accada istante dopo istante.
Se non ci piacesse ciò che si presenta, verrebbe automatico desiderarlo diverso da com’è, al contrario vorremmo fosse sempre così: questa è la nostra abitudine. Ma se riuscissimo a non voler cambiare nulla di ciò che giunge alla nostra coscienza, non escluderemo nessuna sensazione, nessuna emozione e nessun pensiero “buoni” o “cattivi” che siano. Potrebbe così emergere la consapevolezza di uno spazio infinito senza i confini del nostro corpo, fatto di calma imperturbabile e di chiarezza.
Quello che sperimento qualche volta, potrei definirlo uno “stato di grazia”, la ricompensa al compimento di una intenzione accogliente.