Mi è sembrato bello, chiaro ed esauriente il seguente articolo di PAOLO SUBIOLI del 5 giugno 2018, di cui riporto una parte senza pubblicità. L’originale è disponibile sul sito Zeninthecity
“Meditare è esattamente come fare una telefonata a se stessi
Meditare è come fare una telefonata a se stessi. Gli amici e le persone a cui voglio bene voglio sentirle spesso, per sapere come stanno, che fanno e che passa loro per la testa. Più sono persone a cui tengo, più spesso li voglio sentire, possibilmente tutti i giorni. Chi non telefona almeno una volta al giorno alla persona amata?
Ecco, io credo che nei confronti di se stessi valga lo stesso criterio. Se ci vogliamo bene, se ci teniamo al nostro benessere, nel senso più autentico e profondo del termine, è importante sapere sempre come stiamo. Ma non è scontato, né banale.
Come mi sento adesso?
Come stai? A questa domanda rispondiamo tutti “bene” o “abbastanza bene”, piuttosto meccanicamente. Se in quel momento siamo arrabbiati, o preoccupati, magari rispondiamo lo stesso “abbastanza bene”, per non agitare il naturale fluire della conversazione che seguirà. Ma tutto ciò che possiamo esprimere, anche a essere sinceri, è un’impressione sullo stato d’animo del momento. Perché siamo troppo presi a fare – fare e consumare – e non riusciamo mai realmente a fermarci abbastanza a lungo per osservarci “dentro”.
Come mi sento adesso? Quello che sto facendo in questo momento mi soddisfa veramente? Sto realizzando le mie aspirazioni più autentiche? Posso dire di essere felice?
Sono domande importanti, le più importanti, forse le uniche domande che contino sul serio. Se vogliamo avere qualche risposta – e le risposte non possono che essere parziali e soprattutto provvisorie – devo per forza fermarmi.
Fermarsi e fare silenzio.
Fermarsi significa sia fermarsi in senso stretto, sia fare silenzio. Se siamo presi a fare qualcosa, la nostra mente è in una modalità “operativa”, che è poco incline all’osservazione, se non in relazione strettamente necessaria con le finalità che sta perseguendo. Dunque dobbiamo creare dei periodi nei quali non facciamo niente. Fare silenzio è altrettanto importante. I continui “input” a cui ci sottoponiamo – sotto forma di visioni, letture, ascolti, conversazioni – catturano la nostra attenzione, non lasciandole lo spazio e l’agio per osservare bene e con calma in noi stessi.
Fermarsi e fare silenzio equivale a meditare.
Io credo che il discorso potrebbe pure finire qui, perché già soddisfare a questi due requisiti equivale alla meditazione, per lo meno nel senso di “fare una telefonata a noi stessi” per sapere come stiamo.”
L’articolo continua e formula il seguente esempio
“Se chiamo un caro amico e passiamo tutto il tempo della telefonata a parlare di politica o di sport, non si stabilirà tra di noi una relazione intima, che ci consenta di confidarci reciprocamente gioie e preoccupazioni.
Questo nella meditazione equivale a pensare. Rimango seduto, in silenzio, ma penso a quello che farò domani, o a quello che mi ha detto stamattina mia moglie, senza capire realmente come sta il mio corpo, cosa mi passa per la mente, come mi sento, cosa mi fa stare bene e cosa mi fa stare male, cosa fa gioire le persone a me vicine e cosa le fa soffrire.
Se invece chiedo al mio amico: come stai? Come va al lavoro? Come va il tuo rapporto sentimentale? Sei contento di quello che fai? Le cose sono molto diverse. La telefonata mi consente di nutrire il rapporto di amicizia, di mantenere vivo tutto l’affetto che provo per quella persona.
Così è nella meditazione. Devo spostare il centro del mio interesse dai contenuti del pensiero agli stati del corpo e della mente.
Per “stati” intendo le condizioni che posso sperimentare al livello più elementare: il corpo sente calore, una vibrazione, una pressione; la mente è agitata, concentrata, calma, presa da una percezione, ecc.”
Scrive l’autore che potrebbe essere “tutto molto semplice” e che occorra “accostarci alla meditazione con lo spirito aperto del principiante”; invita infine a farla, “ogni tanto, questa telefonata a noi stessi. Sapremo come sta il nostro interlocutore. E se c’è qualcosa che non va, sapremo da dove cominciare per prendercene cura.”
Penso a questa “telefonata” come una quotidiana opportunità per migliorare la qualità della vita.
Qualcuno ha detto che imparare a meditare potrebbe essere il più bel regalo che ci potremmo mai fare.